Export agroalimentare Made in Italy: la visione strategica di Denis Pantini
Denis Pantini è una delle voci più autorevoli nel panorama agroalimentare italiano.
Economista specializzato nel settore food & wine, con oltre vent'anni di esperienza, è Responsabile Agrifood e Wine Monitor presso Nomisma, dove fornisce consulenza tecnica e strategica alle imprese e supporto alle istituzioni della filiera. Autore di numerose pubblicazioni sul marketing del vino e dei prodotti di qualità, Pantini è un punto di riferimento per chi desidera comprendere le dinamiche economiche e i trend di mercato che guidano il successo del Made in Italy nel mondo.
In questa intervista esploriamo il suo percorso professionale, le sue analisi sui mercati internazionali – come la Corea del Sud – e le sue preziose riflessioni su come i produttori italiani possano posizionarsi con successo nel contesto globale.
1. Come è iniziato il tuo interesse per l'economia agroalimentare e il mondo del vino? Qual è stato il momento decisivo che ti ha portato a specializzarti in questo settore?
Tutto parte con la laurea in Economia all’Università di Bologna e una tesi sul settore agroalimentare che mi porta direttamente a Nomisma, in particolare come ricercatore nell’Area Agricoltura e Industria Alimentare. Poi, per passione, dopo qualche anno, a prendere il diploma di sommelier AIS. Mettendo assieme le due competenze ho cercato di unire l’utile al dilettevole, vale a dire applicando conoscenze e metodologie di analisi economiche al settore del vino. L’Osservatorio Wine Monitor rappresenta il risultato principale di questo percorso che, prima ancora della sua implementazione, mi ha portato a realizzare diversi progetti e pubblicazioni sull’economia e sul mercato del vino.
2. Nel tuo libro "Wine Marketing" hai approfondito strategie innovative per il settore. Quali sono i principali cambiamenti che hai osservato nel marketing del vino negli ultimi 20 anni?
Negli ultimi vent’anni i mercati del vino sono cambiati in modo rilevante e, di conseguenza, anche le strategie di marketing hanno dovuto tenere in conto di questa evoluzione. Basti solo pensare all’innovazione digitale e agli effetti che ha avuto a livello produttivo, distributivo e nel consumo. Più recentemente poi, l’attenzione è tutta focalizzata sull’approccio al vino da parte delle nuove generazioni e, giocoforza, anche questo richiede strategie di marketing innovative in grado di “parlare” a nuovi consumatori con lo stesso loro linguaggio.
3. Nomisma offre strumenti di market intelligence per le aziende. Quali dati pensi che un produttore di vino dovrebbe monitorare per avere successo sui mercati esteri?
A Nomisma, dal 2013, abbiamo messo in piedi un Osservatorio permanente sul mercato del vino che offre prodotti e servizi utili alle imprese per comprendere i trend di consumo sia in Italia che sui mercati internazionali. Lo facciamo attraverso analisi economiche e strumenti di market intelligence: dal monitoraggio delle vendite di vini nel canale off-trade all’analisi di consumi ed import nei mercati esteri, dall’implementazione di indagini dirette a ristoratori ed enotecari alle survey sui consumatori di tutto il mondo.
Le attività realizzate da Wine Monitor sono utili ai produttori per migliorare il posizionamento competitivo dei propri vini sui mercati ma anche ai Consorzi di Tutela dei vini Dop e Igp per impostare correttamente le strategie di promozione e comunicazione. Ad oggi più di 100 tra imprese e Consorzi di Tutela si affidano ai servizi di Wine Monitor e si tratta di aziende che utilizzano le nostre analisi e i nostri Report per impostare o migliorare le proprie strategie di business.
4. Sei docente al Master della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Quanto è importante investire nella formazione per affrontare le sfide di un mercato globale?
Investire nella formazione e nelle competenze è fondamentale per rispondere alle sfide che quotidianamente un’impresa deve affrontare per essere competitiva sul mercato. Una cosa che ripeto spesso durante le docenze è che il “vino non si vende più da solo”, nel senso che non basta più produrre un vino di qualità per poter essere certi di venderlo. La concorrenza sia sul mercato nazionale che estero è diventata sempre più agguerrita e non c’è più spazio per l’improvvisazione, per cui diventa sempre più importante avere a disposizione strumenti adeguati e appunto competenze in grado di permettere ai produttori di essere competitivi nel lungo periodo.
5. Grazie al tuo post sull'import agroalimentare in Corea del Sud, ho approfondito quanto questo mercato sia strategico per il Made in Italy. Quali pensi siano i fattori chiave che lo rendono così attrattivo per i produttori italiani?
La Corea del Sud, pur a fronte delle ultime vicissitudini che sta attraversando a livello governativo, rappresenta un mercato molto interessante per l’agroalimentare italiano. Innanzitutto per il reddito medio pro-capite che, oltre ad essere già in linea al nostro, è previsto in crescita nei prossimi cinque anni a tassi superiori. Poi per una popolazione molto più giovane e che apprezza il Made in Italy e il nostro way of life. Inoltre, negli ultimi anni si riscontra un aumento dei flussi turistici provenienti da tale paese e questo non fa altro che aumentare l’interesse e la conoscenza verso i nostri prodotti agroalimentari, con potenzialità di crescita per i prossimi anni.
6. Guardando al futuro del Made in Italy nel mondo del food & wine, quali mercati emergenti consiglieresti di tenere d'occhio e quali strategie ritieni essenziali per conquistare nuove fette di mercato?
Sicuramente l’Asia rappresenta un continente dove la presenza del food&wine italiano è ancora limitata e di conseguenza, alla luce delle prospettive di crescita economica della popolazione, non può che presentare opportunità di crescita. Tuttavia, la presenza limitata è sintomo di diverse criticità che non solo riguardano la domanda (abitudini alimentari differenti, scarsa conoscenza dei prodotti italiani, ecc) ma soprattutto l’offerta: il tessuto produttivo italiano è fatto soprattutto di piccole e piccolissime aziende che faticano ad arrivare sui mercati più lontani (anche in questo caso, spesso per mancanza di competenze) e quindi il nostro export è sostanzialmente delegato alle poche imprese più strutturate.
Una cosa è certa: l’Italia è un mercato destinato a restringersi sempre di più. Entro il 2050 saremo 5 milioni di abitanti in meno (l’equivalente delle prime tre città messe assieme, Roma, Napoli e Milano) con un 35% degli abitanti di età superiore ai 65 anni. E’ ovvio quanto banale segnalare che con una popolazione inferiore e più “vecchia” i consumi alimentari si ridurranno quantitativamente, costringendo così le imprese a guardare sempre più all’estero, pena la chiusura.
Ecco perché diventa sempre più importante monitorare i trend di consumo e l’evoluzione dei mercati internazionali, per poter cogliere quelle opportunità di crescita che il nostro Paese, probabilmente, non riuscirà più a garantire in futuro all’attuale platea di aziende agroalimentari.
Photo credit: Denis Pantini
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E non scordarti: Sii curioso e assaggia sempre qualcosa di nuovo 🍷
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👋🏻 Ciao, sono Mihaela Cojocaru DipWSET | Autrice del libro "Metodo WINExcel" | Export Coach | Wine Broker | WSET Educator | Docente export & digital marketing c/o Italian Food Academy & Methodus Srl (Edotto) | Event Planner | Host “SoMe Wine” Podcast🎙️
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